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Aggiornato il 17 Giugno 2025 da Luca Blasi

Come Vestirsi in Canoa

Indice

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  • Conoscere l’ambiente: acqua, clima e itinerario
  • Gli strati base: la seconda pelle che fa la differenza
  • Il ruolo del mid layer: calore senza ingombro
  • Guscio esterno: protezione da vento e spruzzi
  • Scelta dei materiali: dal neoprene ai tessuti tecnici traspiranti
  • Calzature da canoa: piedi caldi, barca pulita
  • Accessori indispensabili e comodi da avere
  • Vestirsi in canoa in inverno: il dilemma della muta stagna
  • Errori tipici e come evitarli
  • Domande frequenti da banchina
  • Conclusioni

Hai mai sentito quella fastidiosa sensazione di freddo che ti corre lungo la schiena dopo la prima spruzzata? O, al contrario, l’afa che sale a ogni colpo di pagaia sotto il sole di luglio? Vestirsi bene in canoa è metà della fatica: se il corpo sta bene, la testa rimane lucida e l’esperienza diventa puro godimento.

Conoscere l’ambiente: acqua, clima e itinerario

Prima ancora di aprire l’armadio, vale la pena capire dove si sta per andare. Stai programmando un giro sul lago al tramonto, una discesa fluviale spumeggiante o una traversata costiera con brezza costante? Ogni scenario parla un linguaggio diverso al nostro guardaroba.

L’acqua di un lago alpino a giugno può sembrare invitante, ma resta sui 12 °C. Il fiume, invece, cambia umore a ogni curva: un attimo è placido, l’attimo dopo spruzza come una doccia scozzese. Il mare? Il salino si deposita ovunque e il vento può virare in pochi minuti. Capire le variabili permette di giocare d’anticipo; dopotutto, chi ha voglia di togliere la mano dal manico per rabbrividire?

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Gli strati base: la seconda pelle che fa la differenza

Sotto tutto, a contatto diretto con la pelle, c’è lo strato che non si vede ma che decide se resterai asciutto o inzupperai di sudore. Merino leggero o sintetico idrofobo? Ecco il dilemma. La lana merino assorbe umidità e la disperde con eleganza, non trattiene odori e, sorpresa, scalda anche da bagnata. Il sintetico, invece, scarica il sudore in esterno più velocemente, si asciuga in un lampo e costa meno.

Piccolo aneddoto: l’estate scorsa in Valle dell’Adige ho incrociato un gruppo di canoisti tedeschi. Tutti in maglia merino a maniche lunghe nonostante i 27 °C. «Perché non boccheggiate?», domando. Mi rispondono ridendo che, una volta provata la lana fine, non si torna indietro. E avevano ragione: sudavano meno di me in t-shirt tecnica.

Il ruolo del mid layer: calore senza ingombro

Lo strato intermedio è come la salsa di un buon panino: non si vede al primo morso, ma dà carattere a tutto. Nei mesi freschi scegli un pile a griglia, leggero e comprimibile. In primavera e in autunno un soft-shell elastico offre calore moderato e libertà di movimento.

Ricorda che la pagaiata genera calore: è facile surriscaldarsi. Per questo il mid-layer deve poter aprirsi con zip lunga o scivolare nello schienale del sedile senza occupare mezzo gavone. Tieni a mente la regola delle “60 bracciate”: se dopo un minuto di ritmo costante senti caldo, fermati, apri la zip e lascia sfogare il vapore prima che diventi condensa.

Guscio esterno: protezione da vento e spruzzi

Il guscio è la prima linea di difesa contro gli schizzi dispettosi e le raffiche improvvise. Non serve una giacca da spedizione himalayana, ma qualche accortezza salva la giornata. Tessuto impermeabile traspirante con colonna d’acqua di almeno 10 000 mm, cuciture nastrate e polsini regolabili: questi i dettagli che contano.

Preferisci modelli con cappuccio regolabile in tre punti e visiera rigida: quando il vento gira, tenerlo in testa senza perdere visibilità è oro puro. Alcuni canoisti giurano sui top anorak con fascia neoprene in vita: compattano l’acqua che entra e, se cadi, non si alzano come un palloncino. Vale la pena provarli in negozio, sedersi per terra, mimare la pagaiata e ascoltare il corpo: senti tirare sulle spalle? Allora non va bene.

Scelta dei materiali: dal neoprene ai tessuti tecnici traspiranti

Quando si parla di acqua fredda il neoprene fa subito capolino. Ma serve davvero sempre? No, però conoscerne pregi e limiti aiuta a scegliere. Uno short-john neoprene da 2 mm è perfetto nelle mezze stagioni fluviali: protegge il busto, lascia liberare le spalle. Una muta lunga da 4 mm – 5 mm, invece, è pensata per mare invernale o acque bianche difficili.

Negli ultimi anni, i brand nautici hanno sfornato tessuti ibridi: esterno con membrana antivento, interno felpato idrorepellente. Sono capi pseudo-neoprene che vestono come una felpa e resistono agli schizzi. Funzionano? Sì, se l’acqua non è gelida. Hanno limiti: in caso di bagno prolungato tengono meno caldo di una muta tradizionale. Per questo molti canoisti li usano come strato “di superficie” sopra il base-layer, non come unica barriera.

Calzature da canoa: piedi caldi, barca pulita

Sul tema scarpe, le opinioni sono vaste quanto un delta fluviale. Sandalo tecnico aperto? Bene solo in estate e su acqua tiepida. Scarpette da reef in neoprene? Ottime per fondali sabbiosi o sabbia vulcanica, meno per rocce aguzze. Stivaletto alto in neoprene con suola semirigida? La soluzione più versatile: entra sotto il paraspruzzi, trattiene il calore e permette di camminare sui ciottoli senza smorfie.

Un dettaglio spesso ignorato è la suola sottile: il piede sente meglio il fondo della canoa e, paradossalmente, si affatica meno. In inverno valuta calzari con spessore 5 mm e fodera in pile; infila dentro un sottile calzino sintetico: sembra un controsenso, ma riduce l’attrito e allunga la vita del neoprene.

Accessori indispensabili e comodi da avere

Sì, pagaiare richiede le braccia. Ma anche il resto del corpo vuole la sua parte. Ecco un’unica breve lista da imbarcare sempre:

  • Cappellino leggero con visiera rigida o beanie termico, a seconda della stagione.
  • Guanti: in neoprene preformato per acqua fredda, in tessuto stretch antiscivolo per estate e sole alto.
  • Occhiali da sole polarizzati con cordino galleggiante (quante lenti giacciono sul fondo dei laghi?).
  • Spray-top o paraspruzzi: dal modello base in nylon al premium con neoprene e tiranti doppi.

Tutto qui? Quasi. Chi fa maratone di più ore infilerà anche un asciugamano in microfibra e una maglia di ricambio in un sacchetto stagno: pesa niente e salva dal brivido post-sessione.

 

Vestirsi in canoa in inverno: il dilemma della muta stagna

Arriva il freddo, l’acqua diventa cristallo tagliente e la domanda spunta puntuale: muta stagna o multistrato traspirante?. La muta stagna (dry-suit) garantisce isolamento totale: se chiusa a dovere, dentro resta asciutto anche dopo un bagno completo. Si indossa sopra strati sottili in merino o pile leggero. Ha due limiti: costo elevato e manutenzione (guarnizioni in lattice da cambiare, zip da ingrassare).

L’alternativa è un insieme di top e pantaloni dry-wear separati, meno impegnativi e più facili da aerare in pausa. Qual è la scelta giusta? Dipende dalla tua propensione a ribaltarti e dalla temperatura dell’acqua. Se scendi rapide di IV grado a gennaio, la stagna è un investimento sensato. Se fai giri costieri in condizioni stabili, potresti cavartela con top impermeabile accoppiato a un neoprene medio sotto.

Un consiglio pratico: prova l’assetto finale in doccia fredda prima della prima uscita stagionale. Meglio scoprire a casa se la guarnizione del collo lascia entrare acqua, piuttosto che a 300 m dalla riva.

Errori tipici e come evitarli

Sovravvestirsi. La paura di avere freddo spinge a indossare troppi strati. Dopo dieci minuti, sudore. E il sudore, in canoa, raffredda più dell’aria. Impara a partire con un leggero brivido: sparisce appena prendi ritmo.

Cotone a contatto pelle. Il cotone assorbe e trattiene acqua. Se ti bagni anche solo le maniche, diventa una spugna gelida. Sceglilo per la birra al tramonto, non per pagaiare.

Polsini larghi, acqua che cola. Quando alzi la pagaia, le gocce scendono lungo il manico verso i gomiti. Se i polsini del guscio sono larghi, l’acqua entra e gela l’avambraccio. Basterebbe stringere il velcro o scegliere un modello con guarnizioni in lattice.

Scarpe troppo rigide. Una suola da trekking alto sembra protettiva, ma incastra i piedi nel pozzetto. In caso di ribaltamento potresti faticare a uscire velocemente.

Domande frequenti da banchina

“Posso pagaiare in jeans se resto seduto tutto il tempo?” Tecnicamente sì, praticamente no: il denim bagnato pesa e sfrega. Se proprio ami quel look, portalo di scorta per l’aperitivo post-uscita.

“Serve il casco anche in mare?” Non per abitudine, ma se l’itinerario prevede passaggi sotto scogliere basse o grotte, meglio proteggere la testa.

“Guanti sì o no?” Questione di sensibilità. Chi soffre il freddo alle mani preferisce guanti sottili in neoprene precurvato da 2 mm. Chi odia la stoffa tra dita e manico opta per poggiamani paraspruzzi che si fissano alla pagaia e lasciano il palmo nudo.

“La muta stagna è ingombrante, vero?” Meno di quanto pensi. I modelli moderni in tre-strati laminati pesano sotto i due chili e si piegano in uno zainetto.

“Il cappello di lana sotto il casco fluviale?” Se ben aderente, sì: mantiene caldo senza alzare troppo la calotta. Attenzione però alle orecchie: non devono coprire i fori di scarico dell’acqua.

Conclusioni

Vestirsi bene in canoa non è arte arcana né moda fine a se stessa. È un atto di cura verso il proprio corpo e verso la pagaia che merita braccia libere e menti lucide. Ora che sai come combinare strati, materiali e accessori, c’è solo una cosa da fare: chiudere lo zaino stagno, regolare il giubbotto di aiuto al galleggiamento e spingere la prua fuori dall’acqua bassa. Che aspetti? Il prossimo colpo di pagaia potrebbe essere quello che ti porta verso il tramonto più bello dell’anno.

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